Se la vostra giustizia… - Mt 5,17-37 Uno degli insegnamenti fondamentali che ci è stato trasmesso fin dai primi anni della nostra formazione catechistica, particolarmente per noi che siamo nati prima del Concilio, è quello dei dieci comandamenti. Il decalogo dato da Dio a Mosè sul monte Sinai è diventato il basilare riferimento per giudicare come buoni o cattivi i comportamenti nostri e degli altri. Tutta la nostra cultura è stata basata su queste dieci regole, che sono state per secoli il riferimento per distinguere il bene dal male. Il pensiero che esista una legge rivelata da Dio che valga per tutti, quale strada per guidare i comportamenti e le scelte degli uomini, oggi non è più riconosciuto e condiviso come in passato. I cambiamenti culturali avvenuti con la caduta del concetto di autorità, il fatto che Dio non è da tutti riconosciuto come la sorgente del senso della vita, il contatto con le culture diverse da quelle occidentali, hanno messo in discussione la presenza di una legge morale universale. Dall’osservazione dei comportamenti delle persone, dalle parole guida che passano alla TV o sui giornali, possiamo dire che l’unico comandamento vigente afferma che ognuno può seguire l’impulso della propria libertà, a patto che non interferisca sulla libertà degli altri. Matteo 5,17-37 : Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna.Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: «Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio». Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: «Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti». Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»; il di più viene dal Maligno. Le letture di oggi ci invitano a riflettere proprio sui comandamenti. Perché si danno dei comandamenti? Quando viviamo una relazione cui teniamo particolarmente, dobbiamo agire in modo da corrispondere all’altro perché continui a tenerci tra i suoi amici. Se riconosciamo che la relazione di Dio verso di noi è ciò che illumina di senso la vita, dobbiamo essere responsabili della relazione, cioè corrispondere ad essa. I comandamenti non sono espressione di un’imposizione autoritaria, sono invece nella dinamica dell’amore, perché “ascolto e tengo al tuo amore, corrispondo ai tuoi desideri”. Riconoscendo l’atto creatore come fondamento dell’esistenza, si comprende che la vita si realizza nell’ascoltare e nel compiere le intenzioni di chi ha donato la vita. La conoscenza del disegno che Dio ha scritto nel cuore dell’uomo non può che essere progressiva, dobbiamo riconoscere un cammino che ha portato a precisare sempre meglio il concetto di bene o di male. Rispondere dipende dall’ascolto, dobbiamo perciò pensare che ci sia un percorso nel vivere i comandamenti, in base al crescere dell’ascolto di Dio. Anche se dalle prime parole può sembrare che Gesù pensi ai comandamenti come ad una legge fissa e immutabile, dobbiamo riconoscere invece che Lui stesso ha fatto un’opera profonda per cambiare la comprensione della volontà di Dio e della sua legge. Con Gesù che rivela l’autentico volto di Dio, è offerta all’uomo la strada per corrispondere pienamente alla sua volontà. Possiamo provare ad esprimere sinteticamente l’insegnamento di Gesù nei seguenti punti: Il centro da cui parte l’agire morale è il cuore, noi la chiamiamo coscienza; essere buoni o cattivi dipende dalla scelta del bene operato nel profondo della coscienza. Non basta una conformità esteriore del comportamento a quanto dice la legge, è necessario una adesione della coscienza al valore contenuto nella legge. Non è sufficiente una adesione all’espressione letterale della legge, ma occorre una adesione allo spirito della legge: la lettera della legge dice di non uccidere, se odi un fratello, nel tuo cuore lo hai ucciso. Ciò che deve muovere la persona a fare il bene, non è la paura di un castigo o l’attesa di un premio, ma la forza di attrazione del bene. Dobbiamo aderire al bene perché in esso si realizza un senso alla vita. Nella sacra Scrittura sono formulate tante norme che prescrivono cosa fare o cosa non fare, ma tutte si possono raccogliere nell’unico valore da vivere, che è quello dell’amore. C’è un solo comandamento riassuntivo, quello che dice di amare Dio e il prossimo: in questo si raccoglie tutta la legge. Gesù, vivendo lui stesso una vita umana simile alla nostra e vivendo da figlio in piena adesione alla volontà del Padre, ha attuato in modo esemplare la legge, per cui possiamo dire che la legge per noi, è la vita stessa di Gesù. il Parroco |