Se la vostra giustizia… - Mt 5,38-48 Mentre scorre la vita di tutti i giorni, veniamo a contatto con persone, situazioni ed esperienze che, attraverso i sensi, percepiamo come piacevoli poiché apportano benessere, oppure fastidiose, che ci danno dispiacere. Di fronte a queste esperienze sentiamo immediatamente un impulso naturale ad acconsentire e favorire ciò che apporta piacere, e a soffocare e allontanare ciò che sentiamo come fastidioso. Ogni persona, trattenendo nella memoria e riflettendo sulle esperienze fatte e confrontando, attraverso il processo culturale, le esperienze degli altri, può arrivare a cambiare la valutazione iniziale, giudicando non corrispondente al vero bene, quanto era stato immediatamente percepito dall’impulso dei sensi. Un esempio facile è quello dato dal cibo: di fronte ad un cibo gustoso sentiamo l’attrazione a raddoppiare la porzione, salvo poi pagarne le conseguenze con l’indigestione. La riflessione e il ragionamento devono indurci a saper dire si o no in base a ciò che valutiamo come l’autentico bene. La Parola di Dio che ascoltiamo in questa domenica ci invita a continuare la riflessione di domenica scorsa, nella quale abbiamo indagato su quale deve essere la strada per formulare il giudizio sul bene, su ciò che deve orientare le nostre scelte e i nostri comportamenti. Nell’introduzione della mia riflessione ho voluto rilevare un atteggiamento diffuso nel modello di vita proposto dai diversi mezzi di comunicazione. La regola che guida i comportamenti è molto spesso l’invito a cedere alla spinta più immediata della piacevolezza e della attrazione. Possiamo riferirci ad esempio, alla reazione di molti giornalisti e politici al tragico fatto di Lavagna, i quali hanno espresso la richiesta della liberalizzazione delle droghe leggere. Diversa e coraggiosa è stata la lettera della mamma, letta al funerale, che invitava invece a non cedere a scelte autodistruttive. Matteo 5,38-48 : « Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. »Possiamo individuare due criteri che devono guidare la formulazione del giudizio morale. Il primo è: ogni azione deve sempre corrispondere al valore generale e complessivo della persona. Non è cosa buona fare una scelta che appare di bene oggi, ma che domani si rivelerà come dannosa. Non può essere una scelta di bene quella che, acconsentendo al benessere fisico, non realizza anche quello interiore e spirituale. Il secondo criterio è: ogni scelta autentica deve insieme realizzare il bene del soggetto che la opera e anche il bene delle altre persone coinvolte. Dio è l’autore della nostra vita e vuole il nostro bene, Egli è anche l’autore della vita di tutti: cercare e attuare la volontà di Dio è dunque la strada per realizzare il Bene. Gesù pone al centro della sua proposta di vita l’amore: valore essenziale da vivere per compiere pienamente il volere di Dio e il senso della vita. Con vari esempi concreti, come il porgere l’altra guancia, il dare il mantello oltre la tunica, il fare due miglia con chi ti ha chiesto di farne uno, Gesù spiega che cosa egli intende per amore. Gesù dà un significato nuovo alla parola amore, tanto che i cristiani, quando hanno incominciato ad annunciare nella lingua greca il messaggio di Gesù, sono andati a pescare la parola “Agàpe”, poco usata nel linguaggio comune, per dire il modo speciale con cui il loro maestro aveva inteso l’amore. Il modo con cui Gesù pensa l’amore, consiste in un movimento che va verso una persona con il desiderio di arricchire di bene quest’altra persona. Tale amore è autentico quando si muove verso l’altro, non per le sue qualità, ma quando è donato proprio di fronte ai suoi difetti. È il caso dell’amore ai nemici: il nemico è colui nel quale in quel momento non vediamo più qualità, piuttosto vediamo difetti che ripugnano. A noi interessa particolarmente andare a cercare se possiamo individuare, nelle parole di Gesù, dove sta il fondamento del suo insegnamento. Penso che il fondamento si possa trovare nelle parole con cui Gesù si riferisce al Padre che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. L’atto creatore di Dio, trae la persona “dal nulla all’esistenza”, e continua a vivere questa volontà di dare vita anche quando la persona si sottrae al Suo amore. Ponendo in Dio la sorgente dell’amore, Gesù ha sottratto quest’amore al criterio della voglia o della sensibilità, per farlo diventare “il compito necessario per riuscire ad essere veri di fronte a Lui”. il Parroco |