L’avete fatto a me - Mt 25,31-45

Il vangelo di oggi

Matteo 25,31-45 : « Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». ».

La regalità si manifesta nel servizio al prossimo, nell’umiltà

In quest’ultima domenica dell’anno, la liturgia ci suggerisce di raccogliere con un’immagine ciò che abbiamo scoperto durante il percorso fatto, rivivendo nei tempi e nelle varie feste i momenti salienti della vita di Gesù. L’immagine che ci aiuta a fare questa sintesi è espressa nel titolo della festa di oggi e consiste nell’attribuire a Gesù l’appellativo di “Re dell’universo”. Con questo titolo, che chiaramente deriva da modelli sociali del tempo passato, esprimiamo un’idea fondamentale: al centro del nostro cammino religioso c’è una persona, quella di Gesù, e dall’incontro con Lui è possibile dare un significato alla vita. Questa coscienza, che riassume la fede di ogni cristiano, ci è stata nuovamente proposta nell’esortazione apostolica di Papa Francesco che parte proprio da questa affermazione: “Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.” La parola del vangelo che la liturgia ci propone in questa festa, ci suggerisce il criterio con cui verificare se effettivamente stiamo attribuendo a Gesù il compito di guidare la nostra vita. Siamo invitati a chiederci: “Come cambia la vita quando s’incontra Gesù e si accoglie l’invito a seguirlo?”. Potremmo formulare anche un’altra domanda: “Quale comportamento concreto attua la vita nuova che si realizza quando si vive alla luce della relazione di amicizia con Gesù?” Dobbiamo riconoscere che la formazione che abbiamo ricevuto nel catechismo ha messo al primo posto l’adempimento delle pratiche religiose, per cui più facilmente valutiamo l’essere cristiani dalla partecipazione all’Eucarestia domenicale, oppure dalla fedeltà alla preghiera e alle pratiche di pietà. Chiaramente non si tratta di mettere in contrapposizione i diversi comportamenti, come se un adempimento dovesse escludere l’altro. Il vangelo di oggi ci porta a dire però che il modo più alto di attuare la vita di Gesù è l’amore dato ai fratelli, in particolare ai piccoli e ai deboli. È importante la preghiera, sono necessari i sacramenti per alimentare la relazione con Gesù, ma nutriti dal Suo amore, sostenuti dalla Sua presenza, dobbiamo partire per andare incontro agli altri. È nell’incontro con gli altri, soprattutto con i piccoli, che scopriremo di aver incontrato e servito Gesù stesso.

Possiamo dire che nell’amore verso il prossimo, soprattutto quando è povero e ferito, sta la sintesi di tutta la vita cristiana.

Fare esperienza di Lui,   essere restituiti alla vita,   sentirsi amati (= capaci di portare frutto) ...

Attraverso Gesù abbiamo conosciuto e fatto esperienza di Dio, colui che sta all’origine della vita di tutti; l’atto creatore con cui Egli ha tratto dal nulla la vita di ogni persona non viene meno, ma continua nel tempo e rimane vero per i giusti e per i peccatori. Guardare in questa luce il fratello, possiamo vederlo amato da Dio, e se amiamo Dio, dobbiamo amare chiunque altro sia partecipe come noi, del Suo amore.

Attraverso Gesù abbiamo riconosciuto che l’amore di Dio è guidato dalla volontà di dare vita. Questa volontà sarà più forte verso coloro che hanno una vita più fragile, che fanno più fatica a gioire della vita; per questa ragione si può dire che ”in Dio c’è una preferenza per i poveri”.

Attraverso Gesù, anche noi ci siamo riconosciuti dei piccoli, verso i quali Dio si è chinato con la Sua misericordia e ci ha amato, nonostante le nostre debolezze e i nostri peccati. L’esperienza dell’amore fa sorgere dentro di noi il compito della restituzione: nell’amore al fratello si compie la riconsegna ad altri dell’amore ricevuto.

Concludo con le parole di Papa Francesco, che nel documento citato mette in guardia dal rischio di rinunciare alla Gioia: “Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del Suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene”.

il Parroco