Datevi da fare ….. per il cibo che rimane Gv 6,24-35 Il lungo dialogo con i Giudei Domenica scorsa non abbiamo messo molta attenzione alla conclusione dell’episodio, quando Gesù ha diviso e distribuito pochi pani per sfamare una folla numerosa: il modo in cui quel fatto è finito, ci avrebbe sorpreso. Anche gli altri evangelisti sono concordi nel descrivere Gesù che costringe gli apostoli a partire frettolosamente con le barche, mentre lui sale più in alto sul monte da solo. Il vangelo giustifica quella fuga col tentativo della folla di prendere Gesù e acclamarlo come proprio re. Che cosa ha trasformato un avvenimento che poteva essere paragonato al dono della manna con cui Dio aveva nutrito il popolo di Israele nel deserto, in un fatto di cui vergognarsi e al quale sottrarsi velocemente? In seguito, incontrando i giudei nella sinagoga di Cafarnao, Gesù ha modo di chiarire l’equivoco e spiegare il significato del gesto compiuto. S’intesse un serrato dialogo tra Gesù e i suoi interlocutori che l’evangelista chiama genericamente Giudei. È una disputa che ha le caratteristiche tipiche dei dialoghi raccontati da Giovanni, che mette in risalto l’incapacità degli interlocutori a comprendere il senso delle parole di Gesù. Questo dibattito occupa tutta la seconda parte del capitolo sesto, e lo leggeremo per alcune domeniche. La Parola di oggi Giovanni 6,24-35 “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.” In questa prima parte del dialogo, poniamo la nostra attenzione sul rimprovero di Gesù, che disapprova l’atteggiamento sbagliato della folla: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.”. Domenica scorsa ho rilevato il valore di “segno” del gesto compiuto da Gesù. Il pane distribuito alla gente voleva essere il segno della compassione che aveva mosso Gesù a non restare indifferente di fronte alla fame della folla che lo seguiva. La compassione di Gesù nasceva a sua volta dalla propria vita interiore, completamente orientata alla ricerca della volontà di Dio. Il pane distribuito non sapeva soltanto di farina, ma aveva un gusto speciale perché sapeva di amore: dell’amore di Gesù che a sua volta manifestava l’amore di Dio. Come a volte è il cibo della nostra casa, che ha un sapore speciale perché non è soltanto insaporito dagli ingredienti saggiamente mescolati, ma è intriso dell’amore e della cura di chi l’ha preparato, poiché nasce dalla cura di una mamma per i figli, di una sposa per lo sposo. La folla invece aveva messo attenzione soltanto all’esito finale della sua azione: il pane gratuito che ha riempito le loro pance. Il Padre ha distribuito quei pani perché è amore, perché anche voi amiate Potremmo rendere comprensibili le parole di Gesù attribuendogli questo discorso: “Voi avete pensato che sono io ad avere i poteri speciali di dare del pane gratis, e in questo modo volete trattenermi presso di voi perché volete che sia io a risolvere tutti i giorni il problema della vostra fame. Io ho distribuito quei pani per farvi capire che Dio è amore e che si rende presente ogni volta che ci si lascia muovere a compassione dal bisogno degli altri. Se capite questo, sarete voi a lasciarvi muovere dalla compassione, e condividendo le cose che avete, cercherete voi di aiutare le persone che hanno fame” Questa prima parte del dialogo di Gesù con i giudei ci porta a fare una riflessione sulla domanda che guida il cammino religioso. Molte volte attribuiamo a Dio il compito di risolvere i problemi che da soli non riusciamo a risolvere. (Es: fa guarire quella persona; aiuta quello a trovare lavoro; fa finire la fame del mondo; etc.) In questo modo operiamo una sorta di delega, gli diciamo: “Pensaci tu.” La domanda vera è invece quella che chiede non la soluzione dei problemi, ma il senso con cui vivere le situazioni. Allora ecco che Dio sarà l’ispiratore di quei comportamenti con i quali noi cercheremo di risolvere i problemi. il Parroco |