Luce per rivelarti alle genti    Lc 2, 22-40   " Candelora "

La festa che oggi celebriamo si collega strettamente alla festa della nascita di Gesù: viene celebrata in questo giorno perché sono trascorsi esattamente 40 giorni dal 25 dicembre. Secondo la legge di Mosè, contenuta nel capitolo 12 del libro del Levitico, dovevano passare 40 giorni tra il parto e la purificazione rituale della madre; lo stesso libro parla dell’offerta dovuta di un agnello, o in sostituzione, di due tortore o colombi. La festa di oggi è come una parentesi che ci fa riprendere il clima del tempo di Natale. Come abbiamo definito “epifania” molti degli avvenimenti celebrati nel tempo di Natale, così con questa parola, possiamo definire l’episodio che oggi ricordiamo. Il racconto evangelico, attraverso segni simbolici vuole dare testimonianza della fede in Gesù; egli è quella umanità simile a quella di tutti, ma capace di contenere Dio come la luce che dà senso a ogni cosa.


+ Dal Vangelo secondo Luca

« Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: « Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l'anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori ».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. »

Quali sono i segni che manifestano l’identità messianica e divina di Gesù? Il vangelo che abbiamo ascoltato ripete più volte che Giuseppe, Maria e Gesù vanno al tempio per adempiere ciò che prescrive la legge di Mosè. L’essere sottomesso alla legge, dice la piena appartenenza di Gesù al popolo ebraico e alla sua pratica religiosa. Questa affermazione sottolinea la concreta e reale umanità di Gesù, che è un bambino uguale a tutti gli altri bambini ebrei e perciò sottoposto alla normativa della legge. Nello stesso tempo viene messo in luce la sua divinità attraverso la presenza del santo Simeone, il quale benedice il bambino Gesù, e con le sue parole che confermano l’identità divina contenuta nel Suo nome (Gesù vuol dire proprio “salvezza di Dio”), lo proclama luce per rivelare Dio alle genti. Gli studiosi del vangelo, che sanno leggere nella lingua originale i codici antichi e conoscono meglio di noi la Scrittura, vedono paragoni fra il trasporto dell’arca a Gerusalemme, la consacrazione del tempio durante il regno di Salomone e l’entrata di Gesù al tempio: possiamo vedere in questo fatto “Dio che entra nella sua dimora”.

Dalla riflessione sul vangelo di oggi possiamo accogliere un messaggio, che più volte abbiamo sottolineato nelle domeniche passate: al centro del nostro cammino di fede c’è la persona viva di Gesù. Oggi ancora guardiamo Gesù nel suo essere bambino, ma noi siamo invitati a pensarlo in tutta la sua vicenda umana, con ciò che dirà e vivrà da adulto, riconoscendo che nella sua persona si è realizzata una esperienza umana reale simile alla nostra, nella quale possiamo identificarci; nello stesso tempo siamo invitati ad affermare con Simeone che nella persona di Gesù si è manifestato e si è reso presente Dio stesso. Alla luce della persona di Gesù, siamo invitati a scoprire e riconsiderare il significato della nostra persona, secondo quella bellissima espressione contenuta nel documento conciliare “Gaudium et Spes”, tanto cara al papa Giovanni Paolo: « In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo ». Ogni uomo può riconoscere una esperienza simile a quella di Gesù, cioè il suo essere fatto di concreta materia, quella che a volte percepiamo fragile quando il corpo si ammala, ma insieme siamo chiamati a riconoscere una partecipazione all’essere di Dio che particolarmente si manifesta nella esperienza spirituale. Dal riconoscere l’uomo capace di essere abitato da Dio, affermiamo la sacralità e l’altissima dignità della persona umana. Dal vedere l’uomo come mistero, un tabernacolo che ha nella presenza interiore di Dio il suo valore, fondiamo un percorso di libertà. Nell’umanità di Gesù abitata da Dio, vediamo il fondamento di una fraternità universale con tutti gli uomini e il compito di non vivere trattenendo la vita per noi, ma di realizzarla nell’amore.

il Parroco