Si alzò e andò in fretta.

 Lc 1, 39-48   Avvento IV - Ciclo C


+ Dal Vangelo secondo Luca

« In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». »

Marco e Giovanni danno la loro testimonianza della vita e dell’insegnamento di Gesù, scritta nei vangeli, iniziando dall’età di trent’anni, quando Gesù si presenta al Battesimo proposto da Giovanni Battista. Matteo e Luca iniziano i loro vangeli raccontando alcuni fatti che hanno preceduto e accompagnato la nascita di Gesù. I fatti raccontati dai due evangelisti sono diversi tra loro e li presentano guidati da due prospettive diverse: Matteo si mette dal punto di vista di Giuseppe e Luca da quello di Maria. Noi, che siamo abituati ad ascoltare la narrazione dei fatti di cronaca fatta dalla televisione, vorremmo sapere molto di più su quanto avvenuto, ma in realtà non riusciamo a colmare le tante lacune dei racconti. L’intenzione degli evangelisti non è quella di fare una cronaca dettagliata di ciò che è avvenuto, quanto piuttosto quella di mostrare che già dalla sua nascita era possibile guardare a Gesù con la stessa fede che essi hanno avuto incontrandolo da adulto e potendo proclamare di Lui: “Tu sei il Cristo”.

Leggendo con attenzione questi racconti si può riconoscere l’intenzione degli autori di paragonare gli avvenimenti narrati a fatti e parole profetiche dell’Antico Testamento, in questo modo essi trovano una conferma alla loro fede in Gesù.

I commentatori ci suggeriscono di leggere l’episodio ascoltato oggi vedendo in controluce il trasporto dell’Arca a Gerusalemme, dopo che era stata costituita capitale del regno, trasporto avvenuto al tempo del re Davide. Maria è dunque paragonata all’Arca, la quale, conservando segni che sono memoria dell’Esodo, rappresenta la presenza di Dio. L’Arca è un contenitore di legno intagliato e dorato, ornato con le immagini dei cherubini d’oro, fatto secondo misure precise dettate da Dio; essa custodiva il bastone di Mosè, le tavole della legge e la manna. Poiché l’Arca rappresentava la presenza di Dio, solo i sacerdoti potevano trasportarla. Il passaggio dell’Arca irradia gioia e benedizione, per questo Davide salta e danza di fronte ad essa. Attraverso questo paragone l’evangelista svolge una catechesi nella quale vuole parlarci di Gesù, che Maria custodisce nel suo grembo, proclamando che è Lui il Messia atteso dal popolo ebraico.

* Gesù, già dal grembo di Maria irradia la forza che santifica.

Gesù, già dal grembo di Maria irradia la forza che santifica, come poi farà da adulto, e con lo Spirito Santo che fa esultare di gioia comunicando l’amore del Padre, santifica tutti gli uomini che nella fede si apriranno alla relazione con Lui.

La presenza di Dio è resa possibile ed è riconoscibile attraverso la fede. Maria è detta beata per la sua fede, in lei si rinnova e raggiunge pienezza la fede in Dio già vissuta da Abramo, da Mosè e dai grandi credenti dell’antico Israele.

Il vangelo mette in relazione l’episodio dell’annunciazione con la visita a Elisabetta, infatti è dall’angelo che Maria è informata della maternità di Elisabetta, e da quell’ascolto è spinta a farsi pellegrina sollecita verso la montagna. Questo è l’aspetto da rendere evidente: Maria avrebbe potuto starsene per conto suo e auto contemplare la sua dignità come l’angelo l’aveva manifestata, invece Maria si scomoda e si mette per strada. Nell’episodio della visita a Elisabetta è presentato il duplice dinamismo: dell’accogliere nella fede la presenza di Dio e di andare come Arca che irradia e dona questa presenza al mondo.

Maria è figura esemplare del credente e della chiesa. Anche noi siamo chiamati a diventare un grembo che si lascia fecondare dall’amore di Dio. Guidati dalla luce della fede, nutriti dalla Parola del Vangelo, nel silenzio della preghiera dobbiamo aprire il cuore alla relazione con Dio. Al primo posto della nostra vita spirituale ci deve essere quel tempo nel quale noi facciamo silenzio e permettiamo a Dio di dirci la sua vicinanza e il suo amore. Accogliere la vicinanza di Dio ci affida poi la responsabilità di andare verso gli altri, per renderli partecipi attraverso l’amore del dono ricevuto.

il Parroco