Il vino buono

 Lc 3, 15-16. 21-22   Tempo ordinario II - Ciclo C


+ Dal Vangelo secondo Giovanni

« In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela".
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora".
Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. »

Questa seconda domenica è ancora introduttiva e serve a fare il passaggio verso un tempo nuovo. Prima di iniziare la lettura del vangelo di Luca, per una volta, riflettiamo su un testo tratto dal vangelo di Giovanni. L’episodio delle nozze di Cana si ricollega al tempo precedente perché ha il carattere di Epifania, cioè è rivelativo dell’identità divina e messianica di Gesù.

Tante volte ascoltando questo famoso episodio del Vangelo ci siamo accontentati di commentare: “Quanto è stato buono Gesù ad utilizzare il suo potere divino per risolvere il problema che minacciava di trasformare la festa di nozze di quegli sposi in un deludente fallimento”. Oppure abbiamo detto: “Come sono stati fortunati gli sposi ad avere Gesù alla loro festa, hanno potuto avere una fornitura di vino buono, e per di più gratis”. Oppure abbiamo aggiunto: “Brava Maria, che essendo una donna attenta, ti sei accorta del problema di economia domestica che stava minacciando l’inizio della vita insieme di quella coppia”. Chi fosse propenso al “mugugno” e a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto, avrà pensato: “Perché sprecare il potere di Dio per procurare del vino, quando ci sono problemi ben più gravi dei quali si potrebbe occupare”.

Alcune considerazioni ci spingono a farci più attenti e a non accontentarci della prima impressione. Se noi avessimo voluto raccontare di un matrimonio, avremmo detto molto di più su chi erano gli sposi, su com’erano vestiti, del numero degli invitati, di quale era il menù del pranzo nuziale, del perché era venuto a mancare il vino. L’evangelista invece si disinteressa di tutto questo perché, usando il suo particolare stile, gli interessa raccontare il fatto come simbolo della missione di Gesù.

In ogni racconto del vangelo di Giovanni ci sono tre piani di lettura.

* Il primo risponde alla domanda: che cosa è accaduto? ”..

* Il secondo:
che cosa dice sulla Pasqua, come nell’episodio possiamo già vedere il percorso pasquale di Gesù? ”.

* Il terzo riguarda
i lettori del vangelo , cioè noi, e ci invita a riflettere su cosa significa l’episodio per la nostra vita di fede.

Ci sono vari indizi che spingono a dare del racconto una lettura simbolica. Il primo indizio è la parola che l’evangelista utilizza per definire l’opera di Gesù: quello che noi solitamente chiamiamo “il miracolo di Cana”, egli lo chiama segno, anzi l’inizio dei segni. Ora, “ segno ” è un’immagine o un racconto che induce a pensare a un’altra cosa. Di che cosa è segno il racconto di Cana?

* Questa pagina di Giovanni fiorisce di rimandi,
di connotazioni, di significati segreti, di ammiccamenti, che noi ora noi fatichiamo a raccogliere.

Il secondo indizio non è riportato dalla lettura liturgica che abbiamo fatto, il nostro testo infatti inizia con l’espressione “In quel tempo”, ma il racconto nel vangelo inizia invece con l’espressione: “ Tre giorni dopo ”. Il terzo giorno è anche quello della risurrezione di Gesù. Nel segno di Cana, già si inizia a vedere il dono della Pasqua. Se non foste ancora convinti che, nell’intenzione dell’evangelista Giovanni, il “miracolo” di Cana è molto più che il racconto di un fatterello edificante, ma si tratta di una “ figura della Pasqua di Gesù ”, c’è anche il terzo indizio che è dato dalla parola “ ora ”. Tutti i lettori del vangelo di Giovanni sanno che questa parola ha un significato importantissimo, infatti, tutto il racconto del vangelo è scandito dall’espressione “non era ancora giunta la sua ora”, fino al momento solenne in cui Gesù annuncia: “L’ora è giunta” riferendosi chiaramente all’ora della morte e della sua risurrezione.

Molti profeti avevano utilizzato l’ immagine delle nozze per rappresentare l’alleanza di Dio con il popolo di Israele. Attraverso il racconto di Cana già si prefigura l’annuncio pasquale: Gesù è lo sposo che viene in nome di Dio ad abbracciare l’umanità, rendendo possibile che la vita si realizzi come una festa. Dio vuole che l’uomo sia felice e la gioia si realizza accogliendo, attraverso Gesù, la rivelazione del Suo amore, un amore assoluto e infinito, un amore misericordioso e gratuito. Quell’amore di Gesù, che avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Potrebbe suonar strano, eppure questa parola vuole leggere anche il tempo che stiamo vivendo, e ci invita a riconoscere che c’è il vino buono e dobbiamo diventarne dispensatori.

il Parroco