Padrone, lascialo ancora quest’anno.


 Lc 13, 1-9   Tempo di Quaresima III - Ciclo C

+ Dal Vangelo secondo Luca

« In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: "Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?". Ma quello gli rispose: "Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai"». »

* Leggere l'oggi

Ho detto altre volte, che uno degli aspetti che caratterizzano il nostro tempo è lo straordinario sviluppo dei mezzi della comunicazione. Avendo a disposizione tanti mezzi di comunicazione, si sviluppa come una gara a chi dice per primo le notizie, a chi le dice con più enfasi, a chi riempie maggiormente il tempo ripetendole all’infinito. Abbiamo un esempio in questi giorni nei quali siamo sommersi dalle notizie della guerra.

Le notizie tragiche sono più numerose di quelle positive, oppure più semplicemente quelle tragiche creano maggiore interesse. Spesso ascoltiamo raccontare catastrofi naturali, più sconcertanti sono però i racconti dei comportamenti umani che causano morte e dolore. “Come dobbiamo leggere il giornale da cristiani?” Potremmo dare questo titolo alla riflessione sul vangelo di oggi.

Possiamo infatti immaginare Gesù che legge il giornale: funzionava anche al suo tempo quel giornale antico fatto dalle notizie che corrono di bocca in bocca; due notizie arrivano anche all’orecchio di Gesù. Si tratta di due fatti tragici, anche se di natura molto diversa. Il primo deriva dalla responsabilità di Pilato, che nell’esercizio del potere usa il pugno di ferro e senza alcuno scrupolo uccide alcuni Galilei (forse sospettati di essere dei sovvertitori dell’ordine stabilito), mentre stavano facendo un sacrificio nel tempio. L’altro fatto deriva invece da una tragica fatalità: o per un terremoto o per il logorio del tempo, crolla la torre di Siloe, e seppellisce diciotto passanti inermi che restano uccisi.

Era la mentalità dei tempi antichi, ma anche oggi c’è un modo di reagire alla conoscenza dei fatti drammatici attribuendoli a una volontà superiore, che ci lascia totalmente impotenti. Anche nel nostro modo di parlare si sente dire: “È un castigo di Dio”, oppure “È una fatalità”, o “Era il loro destino”. Se guardiamo ai fatti dolorosi della cronaca come al realizzarsi di “un cieco destino”, rischiamo di rimanere inermi e passivi di fronte a questi fatti, accontentandoci al massimo di commentare: “Per fortuna non è toccato a me, io me la sono scampata”.

* Il dolore, il dolore innocente sono un mistero

Gesù rifiuta totalmente quel modo di pensare che attribuisce i fatti dolorosi a Dio come a uno strumento con cui castiga il peccato e dichiara: ”Non perché fossero più peccatori di altri, hanno subito tale sorte.” Il male non si può spiegare come castigo di Dio. Se attribuisci a Dio la colpa del male che accade, quando anche tu sperimenterai il dolore sarai indotto a pensare che Dio non ti ami più e che, come un ladro, viene per rubarti la vita.

Gesù invita a vivere una conversione e il primo cambiamento da vivere è proprio quello di mutare la nostra immagine di Dio; egli non è uno che dall’alto giudica e castiga, ma piuttosto il Padre che ama e perdona.

Non sempre possiamo spiegare il perché della sofferenza, anche se nei fatti riportati dal vangelo possiamo dire che: per il primo caso, la responsabilità è di Pilato e della sua sete di potere, e per il secondo, può esserci la responsabilità di chi ha costruito la torre perché non ha fatto un lavoro sicuro, oppure di chi ha visto il deterioramento e non ha preso provvedimenti.

* Gesù invita a tirarsi su le maniche, e ad attraversare [ andare oltre ] le avversità.

Nei fatti dolorosi e tragici che accadono possiamo comunque riconoscere un mondo che è ancora in costruzione, di fronte al quale non dobbiamo essere passivi e rassegnati, tocca dunque all’uomo imparare a riconoscere il disegno di Dio e diventare suo collaboratore.

La volontà di Dio è maggiormente espressa dall’atteggiamento dell’agricoltore che di fronte al fico che non ha prodotto frutti ha fiducia nella possibilità di un cambiamento, per il quale si impegna zappando attorno alla pianta e mettendo il concime. Riconoscendo che Dio è fedele alla volontà creatrice di fare il mondo come cosa buona, è compito dell’uomo fare le scelte conseguenti per collaborare alla sua volontà. Potremmo dire che gli avvenimenti sono le circostanze che accadono secondo la libertà del farsi del mondo, ma che dentro lo svolgersi di questi avvenimenti c’è lo spazio perché ognuno possa decidere da che parte stare, se da quella di chi genera dolore, o di chi fa crescere il bene.

Leggere il giornale da credenti, vuol dire non passare facilmente oltre il dolore che c’è nel mondo, ma decidere di stare dalla parte di chi, come Dio, quel dolore lo vuole condividere, quel dolore lo vuole salvare.

il Parroco