Dio non è dei morti, ma dei viventi.


 Lc 17, 11-19   Tempo Ordinario XXXII - Ciclo C

+ Dal Vangelo secondo Luca

« In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi - i quali dicono che non c'è risurrezione - e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: "Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello". C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: "Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe". Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». »

Ricordate che il vangelo di Luca ha detto più volte che Gesù era in viaggio verso Gerusalemme? Ebbene, quel percorso è finito ed egli è arrivato nella città santa. Non abbiamo letto il racconto dell’ingresso in città, che è invece proclamato ogni anno in quella che chiamiamo “domenica delle palme”.

Luca, seguendo lo schema degli altri evangelisti, racconta nell’ultima parte del Vangelo che Gesù è preso di mira dai diversi gruppi sociali e religiosi che a turno vanno da Lui con domande pretestuose, per metterlo alla prova e creare così un appiglio per accusarlo davanti all’autorità. I sadducei appartenevano alla classe aristocratica, erano benestanti e avevano un atteggiamento conservatore. Tolleravano il potere dei romani perché garantiva la stabilità sociale; molti di essi appartenevano al gruppo dei sacerdoti. Negavano la resurrezione dopo la morte perché ritenevano sacri i primi cinque libri della Bibbia, nei quali non si parla ancora della risurrezione dei morti. Inoltre intendevano la ricompensa dei giusti già realizzata nel benessere terreno. Anche i sadducei interrogano Gesù. L'argomentazione che essi presentano è artificiosa e complessa, e fa riferimento a norme contenute nella tradizione della Sacra Scrittura. Anche se la formulazione della domanda è artificiosa e pretestuosa, noi consideriamo seriamente l'interrogativo posto dai sadducei: “cosa accadrà al momento della morte?”.

Da sempre gli uomini si sono posti questa domanda, e dal modo in cui gli antichi seppellivano i morti possiamo dedurre la loro risposta alla domanda sulla morte.

Oggi, nel modo di pensare comune della gente non è presente la fede nella risurrezione e nella vita dopo la morte. Si è sviluppato un modo di pensare basato sulla conoscenza scientifica che porta a ritenere vero solo ciò che sia sperimentabile e nessuno ha esperienza della risurrezione. Difficilmente parliamo della morte, ai bambini impediamo di venire a contatto con la malattia o la morte di un parente, cerchiamo di nascondere il pensiero della morte cancellando in modo ossessivo sul nostro corpo i segni impressi dal tempo.

C’è un modo di rappresentare la vita per cui sembra che essa valga soltanto quando è sana, quando riesce a costruirsi il benessere sulla terra. La vita non vale più quando è fragile, debole o malata; siamo portati a pensare che ognuno debba solo badare a se stesso e trarre dalla vita che ha a disposizione il massimo possibile.

Nel dialogo con i sadducei, Gesù fa la sua riflessione sulla morte, e ancora di più ci aiuterà a dar senso alla morte con l'atteggiamento che lui stesso vivrà quando si troverà a tu per tu con la morte. Ogni uomo esiste perché ha ricevuto la vita da Dio e l'ha ricevuta per amore. L'amore con cui Dio ha dato la vita, non può essere solo per un momento, ma è per sempre. Con la morte finisce la vita del corpo, non finisce l'amore con cui Dio ci ha dato la vita. Gesù stesso vivrà con questa fede il momento in cui si troverà di fronte alla morte, continuando ad affidarsi all'amore del Padre. La risurrezione è il sigillo necessario per dire che il Padre Dio, ama e continua a dare vita anche oltre la morte.

Nella nostra esperienza non ci basta vivere soddisfacendo i bisogni del corpo, ci accompagna una domanda di identità che non possiamo darci da soli, c’è bisogno di essere riconosciuti. Massimo Recalcàti rappresenta questo come il grido di un bambino che uscito dal grembo materno grida per chiedere una presenza, qualcuno che gli dica “ci sono, sono qui per te”. Non è l’amore di un uomo, sempre fragile, che può dire ci sono, sono qui per te. L’amore che risponde al grido, non può che essere un amore che ci ami sempre e per sempre, come l’amore di Dio.

il Parroco